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Alla domanda se il mercato del vino sta cambiando, noi rispondiamo con la visione di chi ha passato anni ad ascoltare il mercato, prima di diventare produttore di vino, è stata fondamentale. L’obiettivo era orientare le richieste verso i prodotti locali. Qualche anno fa, vendere un Ciliegiolo in purezza o un Trebbiano macerato era quasi impossibile. Solo un piccolo gruppo di appassionati ed esperti osava scegliere tra uvaggi semi-sconosciuti e etichette territoriali. Gestire un’enoteca o un ristorante significava creare una carta dei vini con riferimenti noti e di tendenza. Sangiovese, Pinot Nero, Chianti, Montalcino, Gewürztraminer e altri vini dovevano figurare accanto a qualche etichetta locale, che però richiedeva un grande sforzo narrativo per essere proposta.
Il concetto di terroir è cruciale per il vino. Il nostro, quello delle Città del Tufo, è storicamente legato alla DOC Bianco di Pitigliano. Tuttavia, molti produttori locali oggi preferiscono l’IGT Maremma o la DOC Maremma Toscana per vinificare le varietà storiche come Ciliegiolo, Trebbiano e Procanico. La mancata identificazione con la DOC Bianco di Pitigliano ha creato un disallineamento nel mercato. Senza una DOC forte a rappresentarli, i prodotti territoriali hanno subito una svalutazione sia in termini di prezzo che d’immagine.
Vi proponiamo una comparazione tra il territorio delle Città del Tufo e uno dei centri mondiali del vino: la Val d’Orcia con Montalcino e Montepulciano. Questi due territori distano solo 35 km in linea d’aria.
Nel 2023, un quintale di uva a Montalcino può valere oltre 1.000 €, mentre nelle Città del Tufo meno di 100 €. Un ettaro di vigna a Montalcino costa circa un milione di euro, contro i 20.000 € nelle Città del Tufo. Una bottiglia di Brunello DOCG ha un prezzo medio di circa 40 €, mentre una di Ciliegiolo DOC Maremma costa circa 8 €. In alta stagione, il costo medio di una notte in B&B nella Val d’Orcia è di circa 180 €, mentre nelle Città del Tufo è di circa 100 €.
Perché questa differenza di percezione tra due territori così vicini? Le ragioni sono molteplici e legate a terroir, varietà, sviluppo sociale, infrastrutture e morfologia del territorio. La Val d’Orcia è facile da coltivare e ben esposta al sole, mentre le Città del Tufo, pur fertilissime, sono più aspre e difficili da gestire. In sintesi, ciò che è mancato alle Città del Tufo è stata la SPERIMENTAZIONE. La possibilità di sperimentare, e non solo ottimizzare, richiede condizioni economiche e sociali particolari, che qui non esistevano fino a vent’anni fa. Il territorio non aveva necessità o circostanze per aggiornare la DOC Bianco di Pitigliano del 1946, che ha risposto alle esigenze di mercato per oltre 40 anni.
Il minimo storico della DOC Bianco di Pitigliano si è avuto alla fine degli anni ’90, quando il vino era per lo più traminer o invecchiato in legno. Le esigenze di mercato dell’epoca hanno messo in difficoltà la DOC locale, ma hanno aperto la strada a grandi aziende e artigiani del vino. Negli anni 2000 è iniziato un processo di sviluppo nel settore vinicolo, che ha contribuito anche allo sviluppo del territorio. Oggi, la coltivazione della vite e il vino sono le principali risorse economiche, insieme al turismo. Sebbene in fase embrionale, è iniziato un ciclo di sperimentazione e innovazione che sta colmando il gap con lo sviluppo toscano perso circa 30 anni fa.
Dagli anni ’90, quando il vino era essenzialmente traminer o legnoso, le regole del gioco sono cambiate. Oggi, il mercato è più attento alla qualità e alla provenienza dei prodotti. Siamo più diffidenti verso le grandi produzioni e riconosciamo le strategie di marketing che le supportano. La sostenibilità è diventata un valore fondamentale. In questo nuovo contesto, si stanno affermando le produzioni artigianali dei piccoli produttori di vino e dei prodotti tipici delle Città del Tufo.
Nel 2023 abbiamo prodotto solo 1.000 bottiglie di un Ciliegiolo 100% vinificato in bianco, un Rosè etichettato IGT Maremma. Questo vino rappresenta perfettamente come la sperimentazione in Maremma possa portare a piccole ma significative innovazioni nel gusto e negli abbinamenti. Burrasca, il nostro Ciliegiolo 100% Rosè, è il primo Rosè tecnico 100% Ciliegiolo della Maremma e un vero ambasciatore del gusto dei vini locali.
Non si tratta più di un rosato con un gusto “caramellina” da bere freddissimo. Burrasca è un rosato che può essere apprezzato anche a temperatura ambiente, mantenendo una struttura importante nonostante l’acidità e la mineralità. Sebbene la struttura aromatica classica dei rosati sia penalizzata, gli aromi e la persistenza si esaltano. Grazie alla vinificazione in bianco dell’uva a bacca rossa, Burrasca offre un carattere deciso. In bocca si possono distinguere note agrumate, fragola e frutta rossa poco matura, risultando caldo e avvolgente.
Questo rosato si abbina non solo a pesce e verdure, ma anche a salumi, formaggi, sughi e carni bianche, compresa la cacciagione. Le regole di abbinamento stanno cambiando. Solo dieci anni fa, un rosato sarebbe stato consigliato solo con un cocktail di gamberi, e un Ciliegiolo avrebbe avuto difficoltà ad essere inserito nella carta dei vini di un’enoteca o ristorante.
Viva la sperimentazione e un concetto di sostenibilità realmente interessato, non solo di moda!
Hotel della Fortezza
Via Benedetto Cairoli 5
58010 Sorano (GR)